L’ultimo contributo educativo prima della pausa estiva, nella sua premessa, richiede a ciascun lettore un po’ di fatica e potrebbe sembrare una semplice speculazione di parole, ma in realtà risponde a necessaria considerazione preliminare. Fidatevi…
Ogni qual volta uno di noi vuole qualcosa, la vuole perché gli pare “buona”, perché ritiene essere il suo bene. Diciamo “buona” una mela, “buona” una relazione. L’aggettivo “buono”, riferito a qualcosa, è dunque l’espressione di un rapporto tra il desiderio (quello che sono) e ciò verso cui il mio desiderio si volge (se ho fame, cerco una mela, non una pietra o un pezzo di stoffa). Solitamente “buono” è riferito all’oggetto che muove il mio desiderio; tuttavia, è evidente che “buono” non prende significato solo dalla cosa che desidero, bensì anche da quel che io sono. La “qualità buona”, in altri termini, non è mai qualcosa di “unilaterale”; è piuttosto risultato di un convenire del mio desiderio e di ciò che desidero.
Eccoci dunque già nel cuore della provocazione di questo mese: per crescere dei “buoni” uomini occorre educare i desideri degli stessi. Un giovane, però, è particolarmente complicato e può facilmente esibire un “falso sé” o anche semplicemente mentire nella comunicazione; spesso si auto inganna o viene ingannato anche sulla consistenza dei “beni” della vita. Li sottostima o sovrastima. E noi che siamo più adulti sappiamo con certezza quanto sia difficile riconoscere i beni “apparenti” da quelli che sono i beni “reali”.
Tuttavia, e mi avvio già alla conclusione, per rapportarci al bene, dobbiamo in qualche modo affidarci ma non a “qualcosa”, bensì a “qualcuno”: Un essere umano non può venire al mondo, senza affidarsi ad un altro essere umano.
Ecco la vera sfida che ci sta davanti: trovare per i nostri giovani persone che nel nostro parlar comune siano indicate come persone significative, “in gamba”, di valore. Smettiamola di giudicare le cose che “costui” non fa o “quell’altro” non dice. Quando giudico un adulto, un insegnante, un allenatore davanti ad un giovane non sto esprimendo un giudizio non solo sulla singola persona, ma indirettamente lo faccio su una categoria, tristemente minando la fiducia e il giudizio che i giovani avranno sugli adulti in generale.
Guardiamoci attorno e individuiamo persone che potrebbero essere “amici dell’anima” dei nostri figli così che possano aiutarli a scegliere il buono che deve essere alleato del bene. Lasciamo crescere la fiducia (la fede) che non mortifica l’atto di affidarsi, garanzia per camminare in compagnia.
Buon cammino a tutti