«Alzando lo sguardo sopra una meridiana, lessi questo verso: Afflictis lentae, celeres gaudentibus horae». Ecco – disse don Bosco giungendo a Chieri in Seminario all’amico – ecco il nostro programma: stiamo sempre allegri e passerà presto il tempo (Memorie Biografiche I,374).
E’ il primo augurio con cui voglio salutarvi in quest’anno che inizia, per viverlo.
Con queste parole don Bosco, che ci prepariamo a festeggiare, ci indica una prospettiva con cui trascorrere il tempo che si apre innanzi, perennemente minacciato, diceva, sempre il santo dei giovani, da: « Tre nemici: la morte (che sorprende); il tempo (che gli sfugge), il demonio (che gli tende i suoi lacci)» (MB V,926).
Auguro a voi e a me la capacità di vedere le cose per quello che sono, per quello che valgono, per le reali attenzioni che meritano. Spesso non sono brutte o belle, sciocchezze o robe importanti, esse sono esattamente il riflesso, l’intensità, lo stupore e la capacità di giudizio con cui le guardiamo.
Mi piacerebbe che avessimo quest’anno un’attitudine a guardare il mondo con la sapienza di chi sa che “per quanto si dia da fare, che non può aggiungere un’ora sola alla propria vita” e sa bene che ciò che conta per vivere al meglio il tempo ricevuto in dono sta nella capacità di coniugare con giustizia sé e il mondo che lo circonda.
Già ma dove sta di casa questa benedetta giustizia, che spesso si liquida con il dividente motto “ per me è giusto così”? Beh anzitutto non trova dimora nei ragionamenti di pancia e spesso si allontana da quelli d’istinto, di difesa o di reazione. Non sta nel principio azione-reazione, nella raccolta troppo partecipata delle chiacchiere altrui, nei racconti soggettivi con cui spesso, tutti noi per primi, dipingiamo la realtà.
Forse gli occhi giusti si educano ancora facendo propria un’altra frase di Giovanni Bosco , che raccomandava ai sui ragazzi di “camminare con i piedi ben piantatati a terra ma con lo sguardo rivolto nel cielo”.
Già la Giustizia potrebbe essere la capacità di vivere la vita e le sue sfide, le sue gioie e le sue delusioni considerandole nella Logica più grande che anzitutto ci rende Figli e quindi fratelli.
Essere felici non è avere un cielo senza tempeste, una strada senza incidenti, un lavoro senza fatica, relazioni senza delusioni, ma essere felici dipende proprio dalla capacità di oggettivarci e oggettivare le cose senza assolutizzarle, perché spesso appartengono all’effimero.
Guardiamo le cose abbassando i toni, l’intensità delle parole, la paura dell’insuccesso, lo sbigottimento dell’errore. Spesso le cose, le situazioni e le persone valgono esattamente per il modo corretto con cui le guardiAMO, le giudichiAMO e soprattutto le stimiAMO
Si racconta che un saggio tenesse nel suo studio un enorme orologio a pendolo che ad ogni ora suonava con solenne lentezza, ma anche con gran rimbombo. «Ma non la disturba?» chiese uno studente. «No» rispose il saggio. «Perché così ad ogni ora sono costretto a chiedermi: che cosa ho fatto dell’ora appena trascorsa?».
Il tempo è l’unica risorsa non rinnovabile. Si consuma ad una velocità incredibile. Sappiamo che non avremo un’altra possibilità. Perciò tutto il bene che possiamo fare, l’amore, la bontà e la gentilezza di cui siamo capaci li dobbiamo INCARNARE nell’adesso., anche perché Qualcuno un giorno ci chiederà: «Che ne hai fatto di tutto quel tempo che ti ho regalato?» Ricordiamoci, infatti che, “Tutto passa e solo l’Amore non avrà mai fine! (1Cor 13, 7-8)
La nostra vita è comprensibile solo se la si accosta all’Eterno, in cui tutto assume un senso e un significato, anche di quello che di contradditorio e ingiusto e ci capita, o tanto spesso, che pensiamo che si sia capitato: “Alla tua luce vediamo la luce”.
Lascio quindi l’ultima parola augurale a don Bosco con l’invito di fissare questa sua massima, perché forgi il nostro 2025: “Figlioli miei, conservate il tempo e il tempo conserverà voi in eterno (MB XVIII 482,864).