Con il mese di ottobre ricomincio a pubblicare un breve contributo educativo nel tentativo di regalare pochi minuti per diventare sempre più consapevolmente genitori. Spulciando qua e là, leggendo e rielaborando voglio questo mese proseguire un po’ la provocazione offerta ad inizio anno: “per diventare grande occorre un trauma benefico”, occorre l’errore. Quante volte abbiamo detto

♦ Stai attento che ti fai male!

♦ Il basket è uno sport meno violento del rugby, pensaci bene!

♦Aspetta ti aiuto io che tu non sai come si fa… FACCIO IO

♦ Quel ragazzo non mi piace, non voglio che ti porti sulla cattiva strada.

♦ Questa cosa è troppo pericolosa, non se ne parla proprio!

♦ Faccio io!

Oggi quando un genitore mette al mondo un figlio lo fa pensando di assicuragli un futuro sereno e programmato, sia dal punto di vista economico, in cui tutto deve essere garantito, che da quello emotivo, con una maggiore vicinanza che, a volte, rischia di non lasciare spazio alle differenze individuali.Se l’intento è certamente buono, in pratica il risultato è deleterio.

Penso sia nota a ciascuno di voi la pagina del Piccolo Principe  che pone la sua rosa  sotto una campana di vetro perché ritenuta fragile, con solo quattro spine per difendersi, ma allo stesso tempo la rosa non ne fa sentire gli odori, riflette luce impropria e proietta colori falsati. Dice allora il Piccolo Principe:

“Devo pur sopportare qualche bruco se voglio conoscere la farfalle, sembra che siano così belle”.

I figli hanno bisogno di sperimentare se stessi, di mettersi in gioco e sapere che ce la possono fare e che, se cadono, possono rialzarsi, magari con le ginocchia sbucciate ma con l’autostima integra!

Quando un genitore non lascia sperimentare il fallimento sta implicitamente trasmettendo un modello di perfezione idealizzata in cui c’è un modo giusto in cui bisogna essere e quindi non si può essere semplicemente se stessi e costruire ogni giorno la propria identità anche a partire da ciò che è realisticamente imperfetto. Lo sbagliare in sé non può causare la chiusura nei confronti del mondo anzi fa mettere e in atto azioni riparative e trasformative.

IO POSSO SBAGLIARE ma questo non significa affato che IO SIA SBAGLIATO.

Il dolore purtroppo nella vita serve proprio come serve la felicità.

Immagino che a questo punto tutti ci si possa trovare d’accordo ma mi permetto di ricordare che non basta esserlo solo in teoria, bisogna ricordarsi di esserlo allorchè capiterà l’errore del “mio bambino/a”.  A quel punto  dovremo essere capaci di ricordare, nonostante in noi generi sofferenze, che l’errore è UNA TERRIBILE (perché è male e fa male) OCCASIONE (opportunità da poter o non poter raccogliere) di BENE (perché dall’errore nasce la risurrezione). Abbiamo iniziato quest’anno con già evidenti fatiche educative genitoriali chissà che anche a tutte le età l’errore proprio altrui non ci metta solo in difesa O DRAMMATICAMENTE IN ATTACCO ma ci aiuti a generare VERITA’ e quindi bene autentico