Un saggio indiano si recò da un caro amico a Milano, e mentre passeggiavano nel cento città l’indiamo si fermò per ascoltare il canto di un grillo che il milanese non udì, replicando che udiva solato il chiasso delle automobili. Ma l’uomo orientale frugando fra alcuni arbusti striminziti individuò un bel grillo canterino. “Voi indiani avete l’udito molto più acuto di noi bianchi” commentò meravigliato l’italiano. “Questa volta ti sbagli tu!” sorrise il saggio e facendo cadere una monetina da pochi centesimi attirò lo sguardo incuriosito di diversi passanti (B. Ferrero Il Canto del grillo).
Questo racconto mi ha offerto l’occasione per concretizzare il buon proposito che ad ogni inizio anno formulo per me stesso e che per il 2019 si è tradotto in una volontà di implementare la mia capacità di ascolto. Ho pensato utile, però, condividere con voi questi miei pensieri perché ritengo che ci ritroviamo sommersi da fiumi di informazioni, estrinsecazioni, verbalizzazioni, e che sarebbe conveniente per tutti far diminuire le parole, magari sparate a raffica, e far crescere la dimensione dell’ascolto, così poco appariscente ma fondamentale per evitare solitudini emotive, deserti psichici e disagi educativi. Il risultato delle troppe chiacchiere, infatti, ci ha portato, talvolta, a vedere la realtà non per quella che essa è, ma per come abbiamo imparato a vederla, a desiderarla. Bisogna, invece, ricominciare ad imparare ad ascoltare cogliendo sia le parole sia il loro significato più profondo, bisogna ascoltare con attenzione senza fretta di “liquidare” la situazione.
Che bello sarebbe poter pensare che in questo nuovo anno che ci precede riuscissimo ad incontrarci come se non ci fossimo mai visti prima, ci guardassimo con quel desiderio che scevro dal giudizio o dalla pura curiosità, ci consentisse di incrociare davvero le nostre vite, che pur muovendosi su percorsi diversi, partono e arrivano tutte alla stessa meta.
Quanto potrebbe essere utile se guardassimo i nostri figli senza la pretesa di conoscerli, con un sano approccio di “fiducia dubitativa”, propria di chi sa che per far crescere occorre riconoscere l’autonomia dell’educando ma proprio perché tale è esposto alle intemperie emotive, volitive e cognitive che chiedono all’adulto un duttile ascolto capace di indicare la strada maestra.
L’ascolto consiste nel fare posto all’altro, nel cedergli uno spazio e un tempo non solo fisico. È un po’ come accogliere un ospite invisibile e fargli spazio nella propria casa. Ma se siamo “al completo” è impossibile che l’altro riesca ad entrare. Se siamo troppo assorbiti da noi stessi, dal nostro lavoro, dal fare, da questo lo abbiamo già sentito, quell’altro già giudicato, e quello ancora è la solita “filipicca” rimarremo prigionieri di noi stessi, monadi incapaci di meraviglia, unica dimensione che davvero ci rinnova
“Dio ci ha dato due orecchie, ma soltanto una bocca, proprio per ascoltare il doppio e parlare la metà”. (Epittéto). Buon anno!