Al termine di questi ultimi dieci giorni, passati insieme ai vostri figli liceali accompagnandoli agli esercizi spirituali, mi sono domandato e ora domando anche a voi, carissimi genitori: “Dove sto guardando come adulto? a che cosa sto puntando nella mia quotidianità?”
Devo confidarvi che, mai come quest’anno, ho avuto l’impressione di avere con me ragazzi buoni, sagaci, dal terreno poco sassoso, che da troppo tempo, però, non viene concimato, dissodato, innaffiato, e quindi sta diventando incapace di raccogliere l’acqua e il buon seme, per poi fruttificare.
Vuole essere questa una constatazione di speranza che sgombera il campo dai luoghi comuni sui giovani ma che sprona noi adulti a riprendere in mano l’antico proverbio che afferma che, “non si porta nessuno là dove non si è stati”.
I giovani hanno bisogno di educatori che affrontino la vita con uno sguardo positivo, mettendo ostinatamente l’accento su quanto di bello e di vero esiste a questo mondo. Educare è un’arte, un intervento delicato e complesso che richiede non solo conoscenze tecniche, ma soprattutto attenzione, sensibilità, capacità creativa. L’educazione dei figli richiede dedizione, pazienza e tempo, più che preoccuparsi per loro, è necessario occuparsi di loro, non chiedendosi cosa gli manca ma piuttosto cosa possono dare.
Quando abbiamo messo al mondo nostro figlio, abbiamo compiuto il più grande atto d’amore senza che nessuno ci abbia garantito niente: come genitori non sapevamo se fosse stato alto, basso, biondo o moro, sano o malato… nulla! Gratis. Lo abbiamo fatto nascere gratuitamente solo per amore. E poi questa forza dell’amore l’abbia spesso persa per strada, sostituita dalla gioia soggettiva, sostituita dalle nostre proiezioni, dai nostri desideri, dalle nostre misere logiche e, nel tentativo di volergli bene, gli abbiamo pure messo addosso delle condizioni e soprattutto delle misure, che spesso hanno a che fare con l’avere: buoni vuoti, buon look, buoni oggetti…. E via
Il problema non è continuare a dire a questi ragazzi diventa come me, oppure diventa meglio di me, hai visto cosa fa la mamma e il papà… L’atteggiamento dell’adulto, è quello di chi ha assaporato, intuito o anche solo intravisto la bellezza che colora il cielo con intensità, e grida «C’è l’arcobaleno ragazzi, c’è l’arcobaleno!». L’educatore non è quello che fa la cosa giusta tutte le volte, o che pretende che i propri figli la facciano (addirittura mentendo a loro o proteggendoli impropriamente) ma quello che grida semplicemente: «C’è l’arcobaleno!» » perché ne ha pieni gli occhi che quindi brillano, perché ne hanno fatto esperienza. Allora avrà anche sbagliato in alcune occasioni, ma il ragazzo quando guarda lui, vedrà in lui la bellezza dell’arco che congiunge il Cielo con la Terra, riflessa nei suoi occhi. È allora si convincerà che per andare avanti bisogna sì guardare i propri passi ma anche in alto, perché questo è quello che l’adulto gli insegna. I genitori possono dire ai loro figli, gli insegnanti ai loro alunni: Io ho dei limiti, faccio quello che posso, non guardate me ma il l’Orizzonte, perché lì trova pace e senso ogni cosa, che non ti carica di ansia di prestazione o di possesso, ma ti lascia libero.
Allora il terreno che c’è dato di lavorare – i giovani – sarà fertile, perché non sarà abitato solo dalle fatiche di noi adulti, dalle soffocanti logiche umana, solo dai pasticci della terra, ma anche dai respiri ben più profondi, dove ciò che è ritenuto impossibile, diventa possibile.
Buona Pasqua