Cosa avevano le generazioni precedenti che ora sembra essersi drammaticamente perduto, pur con aumento generale del grado di istruzione?

Mi sembra di poter dire Il buon senso, ossia quella  capacità potentissima che ci tiene lontani dal  dare giudizi troppo affrettati o di prendere decisioni solo sulla base dell’istinto e dell’opportunità, rendendoci capaci di affrontare meglio la realtà, evitandoci di scegliere,  guidati dal pensiero comune, dalle mode o peggio ancora dal pensiero unico.

Il buon senso è un atteggiamento rivoluzionario,  che ci lascia addosso, sempre e comunque, un buon giudizio da parte di chi ci sta vicino e che certamente diventa molto utile, per affrontare e depotenziare fenomeni come la “violenza”, e ci rende anche capaci di  abitare in maniera intelligente quel posto sempre più strano, infernale e paludoso, dove pare  abbia scelto di abitare l’uomo contemporaneo: il mondo del web, sversatoio di qualsiasi rabbia e\o frustrazione, un vero e proprio «mercato dell’odio.

“Il buon senso è raro quanto il genio” scrive il filosofo americano Ralph Waldo Emerson. La rarità, in questo caso, non è data dal fatto che non siamo forniti, secondo un disegno perverso di Madre Natura, di buon senso, ma semplicemente dal fatto che lo evitiamo. Non lo consideriamo utile e con una certa dose di presunzione pensiamo di poterne fare a meno.  Eppure, scrive Cartesio nel “Discorso sul metodo”, “Il buon senso è la cosa meglio distribuita del mondo” ma anche la meno usata, aggiungerei io perché ci fa stare un passo indietro, ci fa essere prudenti, garbati nel parlare, misurati nel pensare, saggi nel giudicare senza cercare necessariamente un colpevole, riconoscendo che alcune cose che capitano sono incidenti, malintesi e come tali vanno considerati, giudicati e soprattutto accettati.

E’ vero, dall’altro canto quello che scriveva Giorgio De Chirico. “Un’opera d’arte per divenire immortale deve sempre superare i limiti dell’umano, senza preoccuparsi né del buon senso né della logica”.  Ma vale la spesa ricordare che il genio rappresenta sempre un’eccezione, i tuttologi non esistono e i geni sono rari ed è bene non sentirsi parte di questa ristrettissima minoranza di donne e uomini.

E allora mi sia concesso concludere utilizzando le parole del cardinal Ravasi che a tal proposito scrive:

“Il buon senso c”era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune “, scrive il Manzoni ne “I promessi sposi”. Il buon senso, infatti, potrebbe essere ricondotto all’idea di «sapienza». È la dote del discernimento e dell’assennatezza, è l’evitare gli estremi passionali, è lo schivare la faziosità, è l’equilibrio nel sapere giudicare e così via. In agguato, però, c’è una sorta di scimmiottatura del buon senso che non è nient’altro che il senso o  luogo comune che porta con sé: banalità, pochezza, perbenismo e soprattutto la tendenza a giudicare ogni cosa a nostro vantaggio. Come Salomone nel giorno della sua incoronazione, chiediamo a Dio «un cuore che sappia sempre distinguere il bene dal male» (1 Re 3, 9). È questo il vero «buon senso». Non è perduto, è dato in abbondanza, va solo cercato e fatto diventare la misura del nostro pensare, giudicare ed agire