Condivido con voi una parte di un articolo trovato su National Geographic che ritengo significativo rispetto alle smodate richieste con cui vedo  ogni giorno arrivare mail, richieste di appuntamenti, chiarimenti da parte di molti educatori e allievi.  L’autore scrive così

“In un mondo sempre più veloce e iperconnesso che premia l’immediatezza, la “cultura dell’urgenza” tende a sfumare il confine tra ciò che è importante e ciò che non lo è, e così siamo finiti un po’ tutti dentro il bisogno di controllare frequentemente gli aggiornamenti dei propri social media per paura di perdere qualcosa, dando risposte immediate a chiamate e messaggi, anche quando non sarebbe il caso.

Questo stato di ipervigilanza aumenta in modo significativo lo stress e l’ansia e una ricerca dell’Osservatorio di Unisalute riporta che il 38% delle persone intervistate dice di sentirsi stressato “spesso” (29%), o addirittura “regolarmente, quasi ogni giorno” (9%). Tra le persone ad accusare di più questa condizione ci sono le donne (43%) e  gli under 30 (47%).

Tuttavia, le ricerche dimostrano che il cervello umano non possiede l’architettura neurocognitiva per svolgere due o più compiti contemporaneamente.  Nel frattempo, la costante sovrastimolazione – che contribuisce in modo significativo alla “cultura dell’urgenza” – desensibilizza il sistema della dopamina. In breve, più si è sovrastimolati, meno gioia si prova, spiegano gli studiosi

Inoltre, tutto ciò inibisce il pensiero riflessivo. Quando il cervello è sopraffatto dalla costante necessità di elaborare informazioni e prendere decisioni rapidamente, spesso, ci dicono sempre gli esperti, ricorre a un pensiero superficiale. Questo compromette la capacità di impegnarsi in un lavoro approfondito, che richiede lunghi periodi di concentrazione senza distrazioni.

Un falso senso di urgenza, infine, induce il corpo a reagire come se si trovasse in una situazione di minaccia, attivando reazioni del tipo “combatti o fuggi”. Il respiro diventa più veloce, la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca aumentano e si perde la capacità di regolare le emozioni, afferma David Rabin, neuroscienziato di San Francisco, che vede in questo atteggiamento anche la possibile causa dell’insorgenza dell’ipertensione, privazione del sonno, aumento del colesterolo alto e dei disturbi infiammatori”.

Per evitare la trappola dell’urgenza, è dunque opportuno fermarsi qualche istante prima di entrare in azione ogni volta che si presenta qualcosa da fare.  Insomma nella vita bisogna smetterla di “andare di fretta”, dando spazio all’ascolto più che all’agito e alla risposta.

Sta scritto nel libro della Vita: “Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena” (Matteo 6:34)

 Con queste parole il buon Gesù stava dicendo a coloro che lo ascoltavano che non c’era bisogno di preoccuparsi troppo o essere eccessivamente ansiosi riguardo a problemi futuri. Avrebbero invece fatto meglio ad affrontare i problemi della vita giorno per giorno.

 Gesù non intendeva dire che sia sbagliato pensare al domani o fare piani per il futuro. Stava piuttosto insegnando a non preoccuparsi eccessivamente, o affannarsi, per quello che potrebbe accadere domani. A causa di queste preoccupazioni potremmo perdere la gioia e non riuscire a concentrarci sulle attività che dobbiamo svolgere. L’ansia che proviamo oggi non può risolvere i problemi che si presenteranno domani. E spesso le cose di cui ci preoccupiamo non succedono o si rivelano meno gravi di quello che pensavamo.