Camminare a piedi nudi, senza sandali o scarpi su di un prato umido di brina, sulla sabbia finissima in riva al mare, nell’acqua gelida di un ruscello è un’esperienza rigenerante, liberatoria che, stimolando in maniera straordinaria le nostre sensazioni tattili,  e provoca un’emozione che ci riporta all’infanzia, mettendoci in dialogo con la parte più profonda e genuina di noi stessi. Spesso accade che, crescendo, perdiamo l’abitudine di esplorare il mondo a piedi nudi e, diventando adulti, dimentichiamo la bellezza di stare a contatto con la semplicità, senza protezione alcuna. La stessa cosa, mentre avanziamo a passo svelto lungo il cammino dell’adultità, succede anche al nostro cuore. Man mano che abbandoniamo la spontaneità e l’innocenza dell’infanzia, il nostro cuore, prima nudo ed indifeso, impara a celarsi dietro travestimenti sempre più artificiosi e appariscenti, si trincera dentro fortezze sempre più inespugnabili, si fa scudo di ogni sorta di maschere e protezioni per apparire meno vulnerabile agli occhi degli altri. Così facendo, tuttavia, smarriamo la capacità di emozionarci per tutte quelle sottili sfumature dell’esistenza che solo un “cuore scalzo” può percepire… La nostra interiorità ci apparirà senza dubbio più al sicuro di fronte alle asperità della vita, più protetta dal dolore e dalla sofferenza, più corazzata nell’affrontare fallimenti e delusioni, come quando indossiamo le nostre scarpe più impermeabili e resistenti per prepararci al meglio ad attraversare un terreno impervio o a percorrere un sentiero sconosciuto. Ma, a furia di stratificare il nostro IO per scongiurare che la vita si appesantisca dobbiamo, anche da adulti, recuperare l’umiltà “di chi sa di non sapere”, di chi cerca con tutto se stesso e sempre“ la verità delle cose”,  mettendo da parte l’imperante logica del “ho ragione io”, tornando almeno ogni tanto a “togliere le scarpe” al nostro cuore. Un “cuore scalzo” è, infatti, un cuore che si lascia accarezzare dalla realtà, che è fatta anche di errori e sbagli di grandi e piccoli, che batte forte per un’emozione inaspettata, che non ha paura di perdere tempo davanti ad un tempo che diventa meno lineare e si carica di tinte scure.

Tutta questa premessa per dire che che se crederemo nell’umiltà quale processo nel quale una persona riconosce i propri limiti, rifuggendo da ogni forma di orgoglio, di superbia, di emulazione o sopraffazione, saremo in grado di donare ai nostri giovani una dimensione migliore, più sincera e libera.

Il loro rispetto, il rispetto verso la nostra umanità, il nostro essere Veri e Sinceri, senza menzogne e senza veli, li aiuterà certamente a scoprire con maggiore serenità la bellezza di lasciar parlare il cuore

Impariamo a scusarci quando sbagliamo, a riconoscere i nostri torti e le nostre fragilità. Non nascondiamoci quando siamo tristi, ma troviamo la capacità di esprimere con dignità  ciò che proviamo, con un linguaggio appropriato, ed infine insegniamogli che in ogni cadutamomento buio o difficoltà esiste SEMPRE una possibilità, un qualcosa da imparare per crescere, consapevoli che l’umiltà espressa dall’educatore, sia esso genitore, parente o insegnante, è fondamentale per accrescere nei nostri figli l’abilità dell’auto-accettazione, della sicurezza in se stessi e di conseguenza  la Felicità.

 

“A cuore scalzo, e i piedi sopra il cuore… Soffieranno emozioni leggere, saranno bolle di cielo e sapone, il cuore stanco in fondo a un bagno di sudore, per volare, sperare, soffrire, e impazzire per amore, e impazzire per amore… A cuore scalzo ad aspettare, e i piedi sopra al cuore, ad aspettare pronti al salto, a cuore scalzo, a cuore scalzo – Max Gazè