Il Must di quest’anno dovrebbe essere ormai chiaro: OFFRIAMO SGUARDI NUOVI, IMPARIAMO AD ABITARE IL SLENZIO, SUPERIAMO LA BANAL PREOCCUPAZIONE DEL VIL QUOTIDIANO.
Durante la consegna delle pagelle vi invitavo a guardare i propri figli con un’attenzione diversa, fermandosi e sedendosi di fronte, senza preoccuparsi di fare domande, offrire risposte, ma cercando di guardarli per capire dove abita il cuore di ciascuno di loro.
Stare, infatti, in “contemplazione” è l’unico modo per aprire un varco verso l’altro, evitando di trasformarlo nei nostri desideri, nelle nostre attese, magari costringedolo pure ad abitare dentro confini e mura che noi stessi per sicurezza e comodità abbiamo eretto, dimenticandoci di averlo fatto, magari, semplicemente per acquietarci.
L’educazione riguarda la libertà, non solo la propria ma anche quella dell’altro a cui puoi e devi chiedere di fidarsi e di affidarsi, senza presentarti come un supereroe ma come semplice compagno di cordata, che non fa da stampella, ma che garantisce la tenuta della direzione e della scalata, senza mai, vacillare, perder la speranza e la capacità di tenuta del passo.
Guardare, sospendere i giudizi e rallentare e talvolta accelerare richiede la consapevolezza di essere alla guida del mezzo.
Scriveva Pavese in “Piscina feriale” «In verità siamo tutti in attesa, Siamo tutti inquieti, chi seduto e chi disteso, qualcuno contorto, e dentro di noi c’è un vuoto, un’attesa che ci fa trasalire la pelle nuda». E che cosa aspettiamo? Ognuno di noi è in attesa del suo compimento, che si compia il suo desiderio.
Ma non potremo mai compiere questa attesa se non allenando gli occhi a scorgere i prodigi incastrati nel quotidiano.
I nostri occhi, proprio chiudendosi possono aprirsi davvero: per questo indovini e poeti del mito sono spesso ciechi. Non viviamo il compimento dello stupore perché non instauriamo la giusta intimità con le cose e le persone che ci circondano: siamo uomini la cui soglia di attenzione dura pochi secondi, divoriamo senza gustare, preferiamo la superficie al tutto.
Alla nostra generazione segnata dalla fretta dell’azione viene chiesto di riscoprire l’importanza della contemplazione. Azione e contemplazione sono sistole e diastole della vita: più si esagera da una parte più l’altra reclama i suoi privilegi, perché il cuore senza azione rinsecchisce, senza contemplazione marcisce.
Fermarsi non vuol dire rimanere immobili, ma stabili, che è il contrario di instabile, colui che non si ferma mai, e perciò s’ammala. Fermarsi è creare ogni giorno spazi di intimità che permettono al quotidiano di allargare gli orizzonti della nostra mente e trovare lo spazio per contemplare, senza piegarlo, forzarlo o pretendere di capirlo.
Bisogna avere il coraggio di investire in quella che potrebbe sembrare una perdita! Ma “perdere tempo” e fermarsi a contemplare è l’unico modo per “guadagnarne”, evidenziando come quello che a volte appare tempo perso risulti essere, in realtà, il modo più adatto per favorire i processi di apprendimento e di crescita globale degli alunni e delle alunne.
Risulta pertanto fondamentale nel campo dell’educazione, oggi più che mai, fermarsi e chiedersi dove andare, quali mete raggiungere, con quali strumenti e mezzi, con quali compagni svolgere il proprio viaggio.
Fermarsi significa esercitarsi alla meraviglia e allo stupore che ancora una volta il Santo Natale è qui a proporre.Afferma Proust: “Il vero viaggio della scoperta non consiste nel cercare nuove terre ma nel vedere con occhi nuovi”