In questi giorni ho avuto la fortuna di stare H24 insieme a molti giovani del liceo, condividendo con loro tanto tempo, tante chiacchiere, tanti sorrisi, ma soprattutto tanta bellezza, convicendomi, se ancora ce ne fosse bisogno, che abbiamo bisogno di fare veri viaggi di esplorazione interiore che non consistono  solo nello scoprire nuovi paesaggi, ma nell’avere occhi nuovi per guardarci e sottrarci dal fugace sguardo che il quotidiano dispone e impone.. C’è una canzone di Claudio Baglioni contenente questa frase: «A volte, più che di un mondo nuovo, c’è bisogno di occhi nuovi per guardare il mondo». Questa stessa idea affiorava già in una pagina di quel grande e fluviale romanziere che è stato Marcel Proust (1871-1922) con le parole sopra evocate. L’intuizione è felice: le meraviglie nel mondo sono tante, ma ci vuole la meraviglia dell’uomo, cioè la sua capacità di vedere e di stupirsi, per scoprirle. Ci sono torme di viaggiatori, come quelle incontrate in questi giorni a Roma ed ad Assisi, che girano il mondo con l’obiettivo fotografico incollato all’occhio per riprendere ogni cosa e che ritornano senza aver ammirato e capito nulla delle loro esplorazioni in orizzonti nuovi. Così accade anche per la vita. Se hai l’occhio superficiale o ancor più atrofizzato (ed è naturalmente la vista della mente e del cuore ad essere in causa), trovi attorno a te solo cose e fatti da possedere e attraversare, figli e studenti che hai collocato nel tuo giudizio, pensando di conoscerli già e per sempre. Se, invece, sai penetrare con lo sguardo in profondità, ecco che si aprono davanti a te tanti segreti e misteri, tante bellezze e sorprese, tante prospettive non considerate, tanti particolari che incoraggiano ad investire anche laddove tutto sembra appassito.

C’è una bella frase di Gesù che afferma: «Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono» (Matteo 13, 16). Nella relazione educativa quest’arte di saper vedere e non guardare soltanto diventa fondamentale. L’evento che fra pochi giorni celebreremo, la Pasqua, ossia il passaggio ad una vita senza fine, ci sproni a divenire genitori, insegnanti, allievi capaci di scrutare oltre, di scrutare in Alto, di scrutare distante superando il limite del possibile, ci ricordi di essere creature libere, e ci doni di andare oltre al dejavu. L’invito che rivolgo a ciascuno di noi è quello di andare a recuperare almeno tre eventi, cose, parole inaspettate delle persone che siamo chiamate ad educare o a cui vogliamo bene (anche e soprattutto tra coniugi) per riaccendere la bellezza che qualche volta viene soffocata proprio dalla staticità e dalla vetusta banalità degli  sguardi che il cuore impigrito e gli occhi stanchi suggeriscono.  Sforziamoci di andare alla ricerca della bellezza perchè è l’unica cosa che rende ciascuno di noi vivi davvero. Buona Pasqua.