L’ ultimo contributo educativo dell’anno lo lascio a Papa Francesco riportando le sue parole pronunciate il 20 maggio 2015 in una delle tante occasioni di incontro con le famiglie. Così diceva:

“ E’ difficile educare per i genitori che vedono i figli solo la sera, quando ritornano a casa stanchi dal lavoro. E’ ancora più difficile per i genitori separati, che sono appesantiti da questa loro condizione:  tante volte il figlio è preso come ostaggio e il papà gli parla male della mamma e la mamma gli parla male del papà, e si fa tanto male.

Intellettuali “critici” di ogni genere hanno zittito i genitori in mille modi, per difendere le giovani generazioni dai danni – veri o presunti – dell’educazione familiare.   D’altro canto, si sono moltiplicati i cosiddetti “esperti”, che hanno occupato il ruolo dei genitori anche negli aspetti più intimi dell’educazione. Sulla vita affettiva, sulla personalità e lo sviluppo, sui diritti e sui doveri, gli “esperti” sanno tutto: obiettivi, motivazioni, tecniche. E i genitori devono solo ascoltare, imparare e adeguarsi. Privati del loro ruolo, essi diventano spesso eccessivamente apprensivi e possessivi nei confronti dei loro figli, fino a non correggerli mai: “Tu non puoi correggere il figlio”. Tendono ad affidarli sempre più agli “esperti”, anche per gli aspetti più delicati e personali della loro vita, mettendosi nell’angolo da soli; e così i genitori oggi corrono il rischio di autoescludersi dalla vita dei loro figli. E questo è gravissimo.

Io ricordo un aneddoto personale. Una volta, quando ero in quarta elementare ho detto una brutta parola alla maestra e la maestra, una brava donna, ha fatto chiamare mia mamma. Lei è venuta il giorno dopo, hanno parlato fra loro e poi sono stato chiamato. E mia mamma davanti alla maestra mi ha spiegato che quello che io ho fatto era una cosa brutta, che non si doveva fare; ma la mamma lo ha fatto con tanta dolcezza e mi ha chiesto di chiedere perdono davanti a lei alla maestra. Io l’ho fatto e poi sono rimasto contento perché ho detto: è finita bene la storia. Ma quello era il primo capitolo! Quando sono tornato a casa, incominciò il secondo capitolo… Immaginatevi voi, oggi, se la maestra fa una cosa del genere, il giorno dopo si trova i due genitori o uno dei due a rimproverarla, perché gli “esperti” dicono che i bambini non si devono rimproverare così.

E’ evidente che questa impostazione non è buona: non è armonica, non è dialogica, e invece di favorire la collaborazione tra la famiglia e le altre agenzie educative, le scuole, le palestre… le contrappone.

Non c’è dubbio che i genitori, o meglio, certi modelli educativi del passato avevano alcuni limiti, non c’è dubbio. Ma è anche vero che ci sono sbagli che solo i genitori sono autorizzati a fare, perché possono compensarli in un modo che è impossibile a chiunque altro. D’altra parte, lo sappiamo bene, la vita è diventata avara di tempo per parlare, riflettere, confrontarsi. Molti genitori sono “sequestrati” dal lavoro – papà e mamma devono lavorare – e da altre preoccupazioni, imbarazzati dalle nuove esigenze dei figli e dalla complessità della vita attuale, – che è così, dobbiamo accettarla com’è – e si trovano come paralizzati dal timore di sbagliare. Il problema, però, non è solo parlare. Anzi, un “dialoghismo” superficiale non porta a un vero incontro della mente e del cuore. Chiediamoci piuttosto: cerchiamo di capire “dove” i figli veramente sono nel loro cammino? Dov’è realmente la loro anima, lo sappiamo? E soprattutto: lo vogliamo sapere? Siamo convinti che essi, in realtà, non aspettano altro?

«Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino» (Col 3,20-21). Alla base di tutto c’è l’amore, quello che Dio ci dona, che «non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, … tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1 Cor 13,5-6). Anche nelle migliori famiglie bisogna sopportarsi, e ci vuole tanta pazienza per sopportarsi! Ma è così la vita. La vita non si fa in laboratorio, si fa nella realtà.  E’ ora che i padri e le madri ritornino dal loro esilio – perché si sono autoesiliati dall’educazione dei figli -, e riassumano pienamente il loro ruolo educativo. Speriamo che il Signore dia ai genitori questa grazia: di non autoesiliarsi nell’educazione dei figli. E questo soltanto lo può fare l’amore, la tenerezza e la pazienza!”

E allora l’estate che avanza sia un tempo propizio di  vita famigliare. Il direttore